Strappo muscolare al polpaccio: sintomi e rimedi
Una breve guida su come riabilitare uno strappo al polpaccio.
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Una guida sulla cura e riabilitazione del dito a scatto.
Il “piede addormentato” è una condizione comune in cui si avverte una temporanea perdita di sensibilità e/o debolezza nella parte inferiore della gamba e del piede. Si tratta di un disturbo temporaneo che solitamente viene causato da una compressione o una pressione eccessiva sui nervi situati nella parte inferiore della gamba.
Il piede addormentato può essere causato da diverse situazioni, come ad esempio sedersi o dormire in posizione scomoda per lungo tempo, indossare scarpe troppo strette o fare sforzi eccessivi durante l’esercizio fisico. In alcuni casi, può essere il risultato di una patologia più grave, come ad esempio la neuropatia diabetica o il morbo di Raynaud.
I sintomi del piede addormentato possono includere sensazione di formicolio o intorpidimento, debolezza nella parte inferiore della gamba e difficoltà a muovere le dita del piede. Solitamente, il piede addormentato va via da solo nel giro di pochi minuti o ore, ma in alcuni casi può essere necessario un trattamento medico.
Se il piede addormentato persiste per un periodo di tempo prolungato o se si verifica frequentemente, è importante parlarne con il medico, in modo da indagare eventuali cause sottostanti e trovare il trattamento adeguato. In generale, per prevenire il piede addormentato è importante mantenere una buona postura durante il giorno, evitare di indossare scarpe troppo strette e fare regolare esercizio fisico per mantenere in buona salute i nervi e i muscoli della gamba.
Le cause del piede addormentato possono essere diverse e possono dipendere dalla durata e dalla frequenza con cui si verifica il disturbo.
Una delle cause più comuni del piede addormentato è la pressione eccessiva sui nervi situati nella parte inferiore della gamba. Questo può accadere quando si rimane seduti o si dorme in posizione scomoda per un lungo periodo di tempo, o quando si indossano scarpe troppo strette che impediscono al piede di muoversi liberamente. Anche fare sforzi eccessivi durante l’esercizio fisico può causare il piede addormentato.
In alcuni casi, il piede addormentato può essere causato da patologie più gravi, come ad esempio la neuropatia diabetica, una condizione in cui i nervi periferici vengono danneggiati a causa del diabete. Altre possibili cause del piede addormentato possono essere il morbo di Raynaud, una condizione in cui i vasi sanguigni delle dita e dei piedi si restringono in modo anormale a causa di una reazione eccessiva al freddo o allo stress, o la sindrome del tunnel carpale, una patologia che colpisce i nervi del polso.
Il piede addormentato può anche essere causato da lesioni o traumi alla colonna vertebrale o alle gambe, o da malattie infiammatorie come l’artrite reumatoide o la sclerosi multipla. Inoltre, il fumo di sigaretta e l’abuso di alcool possono aumentare il rischio di sviluppare il piede addormentato.
Se il piede addormentato si verifica frequentemente o persiste per un periodo di tempo prolungato, è importante parlarne con il medico, in modo da indagare eventuali cause sottostanti e trovare il trattamento adeguato.
I sintomi del piede addormentato possono includere:
Il piede addormentato è una condizione temporanea che solitamente viene causata da una compressione o una pressione eccessiva sui nervi situati nella parte inferiore della gamba. Se il piede addormentato persiste per un periodo di tempo prolungato o se si verifica frequentemente, è importante parlarne con il medico, in modo da indagare eventuali cause sottostanti e trovare il trattamento adeguato.
Il trattamento del piede addormentato dipende dalle cause che lo hanno scatenato. Nella maggior parte dei casi, il piede addormentato va via da solo nel giro di pochi minuti o ore, e non è necessario alcun trattamento specifico.
Tuttavia, se il piede addormentato persiste per un periodo di tempo prolungato o se si verifica frequentemente, è importante parlarne con il medico, in modo da indagare eventuali cause sottostanti e trovare il trattamento adeguato.
In alcuni casi, il trattamento del piede addormentato può includere:
Inoltre, per prevenire il piede addormentato è importante mantenere una buona postura durante il giorno, evitare di indossare scarpe troppo strette e fare regolare esercizio fisico per mantenere in buona salute i nervi e i muscoli della gamba.
Se soffri di Dolore al gluteo destro o sinistro e cerchi un fisioterapista a San Martino Buon Albergo e in provincia di Verona, contattami per effettuare una valutazione specialistica. Insieme, vedremo le cause del problema, i tempi di recupero e le possibilità di trattamento. Il tutto, sempre in base ai tuoi obiettivi!
La sciatica, o sciatalgia, è una condizione che si verifica quando il nervo sciatico, il più grande nervo del corpo umano, viene irritato o schiacciato. Questo può causare dolore, formicolio, debolezza o intorpidimento lungo il percorso del nervo sciatico, che va dalla parte bassa della schiena, attraverso i glutei e le gambe fino alle caviglie.
Le cause comuni della sciatica comprendono:
Esistono diversi rimedi naturali che possono essere utili per il trattamento della sciatica:
La neurodinamica è una tecnica di terapia fisica che mira a migliorare la mobilità del sistema nervoso periferico e a ridurre il dolore e l’infiammazione associati a diverse condizioni, come la sciatica. Ecco alcuni esempi di esercizi di neurodinamica che possono essere utili per il trattamento della sciatica:
È importante notare che gli esercizi di neurodinamica devono essere eseguiti sotto la supervisione di un fisioterapista qualificato.
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Lo sperone calcaneare è una crescita ossea anormale che si sviluppa sul lato posteriore o inferiore del calcagno, l’osso del tallone. Questa crescita ossea può essere dolorosa e può causare difficoltà a camminare o a fare attività fisica. Lo sperone calcaneare può essere causato da un uso eccessivo del tallone, da un’artrite, da una deformità del piede o da altre condizioni. Se hai dolore al tallone, è importante parlare con il tuo fisioterapista per capire se potrebbe essere lo sperone calcaneare e ricevere un trattamento adeguato.
Esistono diverse opzioni per il trattamento del dolore causato dallo sperone calcaneare, che possono essere utilizzate singolarmente o in combinazione. In genere, il trattamento inizia con il riposo, l’applicazione di ghiaccio e l’uso di farmaci antidolorifici per ridurre il dolore e l’infiammazione. Inoltre, può essere utile indossare calzature che offrano un buon supporto e ammortizzazione per il tallone, in modo da ridurre la pressione sulla zona colpita.
Se il dolore persiste, il fisioterapista può consigliare l’utilizzo di plantari o di altri dispositivi di supporto per il piede. Questi dispositivi possono aiutare a distribuire meglio il peso del corpo sui piedi e a ridurre la pressione sulla zona interessata dallo sperone. Inoltre, il fisioterapista può consigliare esercizi di stretching e di rafforzamento dei muscoli del piede per aiutare a prevenire la ricomparsa dello sperone.
In alcuni casi, il trattamento conservativo non è sufficiente a ridurre il dolore e l’infiammazione causati dallo sperone. In questi casi, il medico può consigliare un intervento chirurgico per rimuovere la protuberanza ossea. Tuttavia, questo tipo di intervento è generalmente riservato ai casi più gravi e può comportare il rischio di complicanze, come l’infiammazione dei tessuti circostanti o l’insorgenza di infezioni.
In generale, lo sperone calcaneare non richiede un intervento chirurgico per essere trattato. Con il riposo, l’applicazione di ghiaccio e l’uso di farmaci antidolorifici, è possibile ridurre il dolore e l’infiammazione causati dalla condizione. Inoltre, l’utilizzo di plantari e altri dispositivi di supporto, insieme a esercizi di stretching e di rafforzamento dei muscoli del piede, può aiutare a prevenire la ricomparsa dello sperone. Solo in casi più gravi, il medico può consigliare un intervento chirurgico per rimuovere la protuberanza.
I sintomi dello sperone calcaneare includono:
In alcuni casi, lo sperone calcaneare può causare dolore anche quando si è a riposo, rendendo difficile trovare una posizione comoda per il piede. Se non viene trattato, lo sperone calcaneare può portare a una serie di complicazioni, come l’insorgenza di fascite plantare o di altre condizioni dolorose a carico del piede.
Per diagnosticare lo sperone calcaneare, il medico esaminerà il piede del paziente e valuterà la presenza di dolore e di altri sintomi. In alcuni casi, può essere necessario eseguire una radiografia o un’altra indagine diagnostica per confermare la presenza della protuberanza ossea. Una volta effettuata la diagnosi, il medico può consigliare il trattamento più adeguato per alleviare il dolore e prevenire le complicanze.
Lo sperone calcaneare è una condizione che può essere trattata con successo utilizzando diverse opzioni terapeutiche. Ecco alcuni dei trattamenti più comuni per lo sperone calcaneare:
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Il formicolio al mignolo è un sintomo estremamente comune con manifestazioni sia a carico della mano destra sia a carico della mano sinistra. Come tipologia di sintomo, il formicolio viene considerato un fattore correlato a problematiche del tessuto nervoso (come anche altri sintomi tra cui bruciore, sensazione di intorpidimento o addormentamento e la sensazione di scossa elettrica) in punti di versi della zona cervicale (collo), della spalla, del braccio o della stessa mano.
Lo scopo di questo articolo è approfondire quali sono le problematiche che potrebbero generare formicolio al mignolo di una o dell’altra mano e di conoscere i professionisti più idonei a cui rivolgersi.
Come potrebbe essere facilmente intuibile, il formicolio al mignolo potrebbe presentarsi sia in una sia in entrambe le mani separatamente o contemporaneamente. Il lato (destro o sinistro), tuttavia, non dice nulla in termini diagnostici: la problematica potrebbe essere la medesima e potrebbe generare sintomi sia in un emi-lato del corpo sia nell’altro.
In linea generale, le condizioni cliniche che il paziente potrebbe riferire durante la prima visita sono 3:
Come vedremo, la reale differenza tra le tre situazioni cliniche è data tra la presenza di sintomi in un solo emi-lato (destro o sinistro) e la presenza di sintomi in entrambe le mani.
Formicolio al mignolo e patologie
Le patologie che potrebbero generale formicolio al mignolo di una mano o di entrambe le mani sono numerose e le principali che devono essere ricordate sono:
Quali nervi periferici o quali radici nervose potrebbero coinvolte nel formicolio al mignolo?
Solitamente, il formicolio al mignolo (o al mignolo all’anulare) è secondario a una compressione delle basse radici nervose cervicali (C7, C8, T1), dei tronchi nervosi a livello del plesso brachiale (alla radice del braccio) o del nervo ulnare a livello del gomito (a livello del tunnel cubitale) e della mano (a livello del canale di Guyon, in prossimità della radice delle ultime due dita della mano).
Più il problema sarà “alto”, ovvero verso la spalla e verso il collo, più la distribuzione del formicolio sarà ampia (sia a livello del braccio che dell’avambraccio e della mano). Più il problema sarà “basso” (come a livello del gomito o della mano), più la zona dei sintomi sarà ristretta e circoscritta più in periferia (come nel caso delle problematiche di compressione del nervo ulnare a livello della mano e dei sintomi che comporta a livello del mignolo e dell’anulare e non in altre zone del braccio).
Il formicolio al mignolo della mano non sempre è l’unico sintomo riferito dai pazienti. Molto spesso, infatti, il formicolio alla mano si associa anche ad altri sintomi che possono essere secondari a problematiche del tessuto nervoso come:
A esclusione del dolore e della rigidità che potrebbero essere secondari anche ad altri disturbi, tutti gli altri sintomi dell’elenco sono caratteristici di un disturbo a carico del sistema nervoso.
La diagnosi della patologia alla base del formicolio al mignolo o a carico di altre dita è sempre di competenza medica (medico di medicina generale o, più probabilmente, del neurologo, del neurochirurgo o del medico algologo). Il processo diagnostico e di inquadramento del paziente con formicolio o altri sintomi a carico del tessuto nervoso, solitamente, prevede un colloquio iniziale, una vera e propria visita e, eventualmente, l’approfondimento della condizione attraverso indagini strumentali e diagnostiche specifiche (come l’elettromiografia, la risonanza magnetica, l’elettroneurografia o altre metodiche sulla base della scelta del medico di medicina generale o degli specialisti).
A chi rivolgersi in caso di formicolio al mignolo
Gli specialisti a cui rivolgersi in caso di formicolio al mignolo sono:
Dal momento che i formicolii a carico dell’arto superiore (come quelli a livello dell’anulare e del mignolo o di altre dita) potrebbero essere secondari non solo a problematiche benigne ma anche a disturbi più serie, la raccomandazione più corretta e appropriata per tutti i pazienti che ne soffrono è quella di rivolgersi, in primo luogo, a personale medico che stabilisca una diagnosi.
In secondo luogo, sia nel caso in cui il paziente riceva una prescrizione di farmaci o infiltrazioni specifiche per coadiuvare la riabilitazione, sarà probabilmente necessario (nella maggior parte dei casi) rivolgersi al fisioterapista specializzato in ambito muscoloscheletrico per intraprendere un percorso di recupero efficace e, soprattutto, che sia duraturo nel lungo termine.
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Il dolore alla scapola destra o sinistra può essere un sintomo di diverse condizioni di salute. La scapola, o spalla, è un osso a forma di triangolo che si trova nella parte superiore della schiena. La scapola destra e quella sinistra sono posizionate su entrambi i lati del torace, e hanno il compito di proteggere le strutture delicate del torace, come il cuore e i polmoni, e di fornire un punto di attacco per i muscoli che muovono il braccio.
Il dolore alla scapola può essere causato da un’infiammazione o da un’irritazione dei muscoli, dei tendini o dei nervi che si trovano nella zona della scapola. In alcuni casi, il dolore alla scapola può essere il risultato di un problema a carico delle strutture ossee o delle articolazioni della spalla.
I sintomi del dolore alla scapola possono variare a seconda della causa sottostante. In genere, il dolore alla scapola può essere acuto o cronico, e può essere accompagnato da altri sintomi, come gonfiore, rigidità o debole
Il dolore alla scapola può essere causato da diverse condizioni di salute. Ecco alcune delle cause più comuni di dolore alla scapola destra o sinistra:
In caso di dolore alla scapola, è consigliabile rivolgersi al proprio medico di base o al fisioterapista. Il medico o il fisioterapista saranno in grado di valutare la causa del dolore e consigliare il trattamento più appropriato.
Il fisioterapista è un professionista della salute che si occupa di valutare, diagnosticare e trattare i disturbi del movimento e delle funzioni fisiche. Il fisioterapista può aiutare a ridurre il dolore e l’infiammazione causati dalla scapola, e può insegnare esercizi di stretching e di rafforzamento per prevenire la ricomparsa del dolore.
In caso di dolore acuto o grave, o se il dolore alla scapola è accompagnato da altri sintomi preoccupanti, come difficoltà nei movimenti o perdita di sensibilità, è consigliabile rivolgersi al proprio medico di base o al pronto soccorso per una valutazione più approfondita.
Se soffri di problemi di dolore alla scapola destra o sinistra e cerchi un fisioterapista a San Martino Buon Albergo e in provincia di Verona, contattami per effettuare una valutazione specialistica. Insieme, vedremo le cause del problema, i tempi di recupero e le possibilità di trattamento. Il tutto, sempre in base ai tuoi obiettivi!
Il dolore all’anca può essere un sintomo di diverse condizioni di salute. L’anca è un’articolazione complessa che permette ai movimenti del corpo, come camminare, correre o saltare. L’anca è formata da un’osso chiamato coxale, che si articola con il femore (l’osso della coscia) formando un’articolazione a forma di sella.
Il dolore all’anca può essere causato da un’infiammazione o da un’irritazione delle strutture che compongono l’articolazione dell’anca, come i legamenti, i tendini o i muscoli. In alcuni casi, il dolore all’anca può essere il risultato di un problema a carico dell’osso o del tessuto cartilagineo dell’anca.
I sintomi del dolore all’anca possono variare a seconda della causa sottostante. In genere, il dolore all’anca può essere acuto o cronico, e può essere accompagnato da altri sintomi, come gonfiore, rigidità o debolezza nella zona dell’anca. Il dolore all’anca può limitare la capacità di muovere l’articolazione e può rendere difficile o doloroso camminare o svolgere altre attività fisiche.
Se si avverte dolore all’anca, è importante rivolgersi al proprio medico di base o al fisioterapista per una valutazione accurata. Il medico o il fisioterapista potranno identificare la causa del dolore e consigliare il trattamento più appropriato. In alcuni casi, potrebbe essere necessario sottoporsi a test diagnostici, come raggi X o risonanza magnetica, per determinare la causa del dolore all’anca.
Se si avverte dolore all’anca, è importante rivolgersi al proprio medico di base o al fisioterapista per una valutazione accurata. Il medico o il fisioterapista potranno valutare i sintomi e la storia clinica del paziente, e consigliare gli esami diagnostici più appropriati per indagare sulla causa del dolore all’anca.
Ecco alcuni degli esami diagnostici che il medico potrebbe consigliare per il dolore all’anca:
Il medico o il fisioterapista potranno consigliare gli esami diagnostici più appropriati in base alla storia clinica del paziente e alla severità del dolore. In alcuni casi, potrebbe essere necessario effettuare più di un esame per determinare la causa del dolore all’anca.
Se soffri di dolore all’anca e cerchi un fisioterapista a San Martino Buon Albergo e in provincia di Verona, contattami per effettuare una valutazione specialistica. Insieme, vedremo le cause del problema, i tempi di recupero e le possibilità di trattamento. Il tutto, sempre in base ai tuoi obiettivi!
Quando parliamo di neuropatie da compressione non possiamo non citare la sindrome del tunnel cubitale, che rappresenta per diffusione la seconda neuropatia da compressione, seconda solamente alla sindrome del tunnel carpale. Con questo articolo cercheremo di tuffarci tra le molte informazioni riguardanti questa patologia, dalle cause ai sintomi, fino al tipo di trattamento che attualmente la letteratura ci consiglia nell’alleviare i sintomi e cercare di risolvere il problema. Ma andiamo con ordine!
La sindrome del tunnel cubitale rappresenta una condizione clinica caratterizzata dall’intrappolamento del nervo ulnare a livello del gomito. Il nervo ulnare, dal punto di vista anatomico, nasce dalle radici nervose di C8 e T1, che partono a livello midollare per unirsi e formare un unico nervo che va ad innervare la parte laterale dell’avambraccio. Per capirci, è il nervo che permette di muovere le ultime due dita ed è lo stesso nervo che quando colpiamo con forza il bracciolo o lo schienale della sedia con il gomito ci provoca il tipo formicolio alle prime due dita delle mani.
Ebbene, questo nervo passa nel gomito attraverso dei punti critici, molto stretti, che in particolari situazioni possono provocare una compressione del nervo e lo sviluppo di tutti quei sintomi ascrivibili ad una neuropatia, come il formicolio o la mancanza di forza. In particolare, quando il nervo supera il muscolo tricipite, si inserisce nel “tunnel cubitale”, un tunnel formato dalla capsula dell’articolazione del gomito e dal legamento collaterale. Questo è un punto molto stretto, che è il principale punto che può causare compressione. In seconda battuta, quando il nervo emerge dal tunnel cubitale, passa sotto il muscolo “flessore ulnare del carpo” che, se si presenta in particolari condizioni di rigidità e accorciamento, può causare anch’esso una compressione di tale nervo.
Come già accennato precedentemente, il nervo ulnare è responsabile della sensibilità della parte interna dell’avambraccio, del palmo e delle ultime 2-3 dita della mano. Si occupa poi di dare movimento ai muscoli che flettono il polso, le ultime dita e i piccoli muscoli della mano. Proprio per questo, chi soffre di questa sindrome ha difficoltà, ad esempio, a trattenere gli oggetti.
“Ma quindi, quali sono i sintomi che sento quando ho questo tipo di sindrome?” Qui dobbiamo fare una premessa iniziale, nel senso che i sintomi, viste le caratteristiche del nervo, possono coinvolgere sia gli aspetti motori che sensitivi.
Se consideriamo i sintomi sensitivi, i principali sono la presenza di fomicolio, intorpidimento, bruciore nella parte interna dell’avambraccio e nelle ultime due dita della mano e la parte del palmo corrispondente. Questi sintomi in genere aumentano con la flessione del gomito, che va ad aumentare la compressione del nervo ulnare nelle zone critiche. Per quanto riguarda i sintomi motori, è possibile avere una riduzione della forza nella presa, con la tipica caratteristica di non poter trattenere degli oggetti nelle mani. C’è da dire che i sintomi motori sono presenti solamente nelle fasi avanzate della patologia.
C’è una buona notizia se soffri di sindrome del tunnel cubitale poiché c’è una buona probabilità di risolvere i sintomi con un trattamento conservativo, ossia coinvolgendo un fisioterapista specializzato nel trattamento di disordini muscoloscheletrici che possa consigliarti al meglio come gestire il problema durante la giornata e quali strategie mettere in atto per migliorare il tuo dolore. Infatti, spesso i sintomi regrediscono mettendo in atto alcune strategie di igiene posturale durante il lavoro o durante la notte che permettono di non stressare la zona laterale del gomito ed i muscoli ad essa correlati, per diminuire l’irritabilità del nervo che scorre all’interno.
La fisioterapia, in questo caso, si rileva molto utile poiché permette di ridurre l’irritazione del nervo ed il dolore percepito attraverso alcune strategie come:
Se vogliamo parlare della chirurgia, dobbiamo considerarla come opzione solamente nel caso di fallimento del trattamento conservativo. Cosa vogliamo dire? Che se dopo 6 mesi di trattamento fisioterapico, attraverso tutte le strategie elencate precedentemente, non si riesce ad arrivare ad una riduzione dei sintomi significativa per il paziente, allora può essere utile valutare un trattamento chirurgico che consiste nella decompressione invasiva del tendine nella zona di intrappolamento. Ovviamente, questa dovrà poi essere seguita da un programma di fisioterapia, per permettere al nervo di tornare ad essere scorrevole come prima, per consentire poi di recuperare la funzionalità completa del braccio, con la forza adeguata.
In conclusione, se come pazienti avvertite dei sintomi e vi sembra di avere una situazione sovrapponibile a quella spiegata in questo articolo non disperate, rivolgetevi ad un professionista sanitario competente e specializzato nella riabilitazione dei disordini muscoloscheletrici. Sarà lui ad indicarvi, dopo un’attenta anamnesi ed una valutazione completa, qual è la strada migliore per voi!
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Quando si parla di periartrite scapolo omerale, o periartrite di spalla, si fa riferimento ad un termine molto generico per indicare un dolore di spalla senza averne individuato una struttura specifica. Potrebbero esserne incluse eventuali tendinopatie di spalla, piuttosto che infiammazioni delle borse articolari. È sicuramente un’etichetta medica che non ci dice nulla in più rispetto a quello che il paziente stesso può capire, ossia che “ha una dolore alla spalla”. Vediamo quindi come andarne a capo e capire, a grandi linee come questi dolori alla spalla possono essere inquadrati. Generalmente, però, la periatrite scapolo-omerale viene associata al termine di spalla congelata, il cui tipo di caratteristiche le vedremo nel prosieguo dell’articolo.
Come abbiamo già accennato precedentemente, non esistono delle cause univoche per lo sviluppo di dolore scapolo-omerale. Proprio per questo, una periartrite scapolo-omerale potrebbe essere in modo molto generico divisa in periartrite idiopatica o secondaria. Una periartrite idiopatica vuol dire che non deriva da nessun’altra patologia, ha infatti un esordio spontaneo mentre una periartrite secondaria deriva da una causa principale, come possono essere dei traumi severi. Ci si può imbattere anche in quadri di periatrite secondaria ad importanti eventi chirurgici di artroscopia di spalla, come succede nel caso di interventi di ricostruzione dei tendini della cuffia dei rotatori piuttosto che di artroplastica. Questo succede soprattutto in una popolazione di sesso femminile e diabetica.
Generalmente la periatrite scapolo-omerale viene associata al termine di spalla congelata, che presenta un’evoluzione naturale che parte da uno stadio caratterizzato da sintomi molto forti ma nessuna influenza sul movimento ad uno stadio finale in cui il dolore pressochè sparisce, ma la spalla perde in modo massivo il movimento. Nello specifico, in genere vengono identificate 4 fasi:
Uno dei problemi della capsulite adesiva è proprio la durata, visto che questo tipo di patologia si risolve in circa 1/3 anni, pertanto è necessario che il clinico instauri una buona collaborazione e alleanza terapeutica con il paziente per poter impostare degli obiettivi veramente a lungo termine.
La capsulite adesiva può essere differenziata in 3 fasi tipiche, in base ai sintomi presentati dal paziente che sono la “fase dolorosa”, la “fase rigida” e la “fase di scongelamento”. La prima fase è quella caratterizzata da un dolore ingravescente, soprattutto di notte ma che non comporta ancora limitazioni della mobilità del braccio. La seconda fase, quella “rigida”, come dice la parola stessa comporta una perdita importante di movimento che diviene molto limitato, ma è accompagnato da una progressiva scomparsa di dolore che può presentarsi solamente negli ultimi gradi di movimento. Infine, la fase di scongelamento in cui la condizione, man mano, si risolve riportando la paziente a poter utilizzare il braccio in un range di movimento considerato “normale”. Questo può avvenire in genere dopo un lungo periodo di riabilitazione caratterizzata da un trattamento orientato all’aumento progressivo del movimento. Un aumento molto limitato seduta dopo seduta.
L’obiettivo del trattamento della periartrite scapolo-omerale è quello di ripristinare il corretto e normale range di movimento della spalla, in assenza di dolore. Come in ogni caso, è fondamentale valutare la situazione del singolo paziente per poter garantire un trattamento altamente individualizzato, che possa dare i massimi benefici alla persona in questione.
La prima fase del trattamento prevede una mobilizzazione precoce attraverso tecniche manuali di trattamento che permettono, giorno dopo giorno, di recuperare i gradi di movimento limitati dalla patologia. In questa prima fase saranno introdotti esercizi di stretching per la capsula articolare, in modo tale da renderla più flessibile ed elastica. Sarà fondamentale integrare il lavoro fatto con il fisioterapista con il lavoro fatto a casa dal paziente stesso, con la prosecuzione degli esercizi insegnati dal fisioterapista. Proprio per la lunga natura del disturbo, infatti, è necessario che il paziente acquisisca una routine di esercizi da poter svolgere costantemente per non perdere i progressi fatti.
La terapia farmacologica per la periartrite scapolo omerale prevede l’utilizzo di FANS, i farmaci anti-infiammatori non steroidei e di corticosteroidi, che permettono di controllare il dolore. Questi possono essere abbinati alla fisioterapia, in modo tale da sfruttare le finestre di riduzione del dolore per cercare di migliorare la funzionalità dell’arto. Attenzione, poiché tutti i farmaci devono essere consigliati dal medico che segue il paziente durante il percorso. È sicuramente da evitare l’autogestione nella parte farmacologica!
Nella prima fase, quella dolorosa, si è visto come l’iniezione intra-articolare di corticosteroidi possa portare ad una riduzione maggiore dei sintomi rispetto all’utilizzo degli stessi farmaci per via orale. Non solo, sembra ridurre la fibromatosi durante la seconda fase, quella della rigidità, sembra perciò possa essere un’opzione che il medico può considerare per migliorare questa fase.
Nel caso la patologia progredisse molto e non lasciasse spazio a nessun trattamento conservativo e possibile approcciare alcune soluzioni chirurgiche, in particolar modo se il trattamento fisioterapico dopo i 4-6 mesi non sembra dare alcun effetto. Una delle soluzioni più utilizzate è la manipolazione in anestesia, che si basa sulla mobilizzazione aggressiva dell’articolazione nel soggetto sotto anestesia, che permette di rompere le aderenze ed allungare la capsula articolare in una situazione in cui il paziente non possa percepire dolore.
La periartrite scapolo omerale o capsulite adesiva di spalla rimane un problema complesso, il cui decorso è molto lungo e difficile da gestire. Non esistono attualmente dei protocolli standardizzati che abbiamo mostrato una superiorità netta nel trattamento. Alla base della corretta gestione del problema rimane la soluzione di affidarsi a dei professionisti sanitari che possano capire al meglio la situazione clinica, e prendere le migliori decisioni di intervento, come fisioterapisti specializzati o il medico ortopedico.
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